MNAO (RM). I restauri del materiale cartaceo della collezione di arte indiana

Mnao_Il dipinto dopo il restauro
Tipologia bene restaurato
Miniature, dipinti, disegni e fogli di manoscritti illustrati
Regione
Lazio
Provincia
Roma
Comune
Roma
Localizzazione specifica
Museo Nazionale d’Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’
Istituto-Ufficio competente
Museo Nazionale d'Arte Orientale 'Giuseppe Tucci'
Tipologia intervento
Restauro
Anno/i campagna/e di restauro
2010
Responsabile di cantiere
Cristina Pace
Responsabile scientifico
Laura Giuliano
Datazione bene restaurato: DA
1493 - 1900
Datazione bene restaurato: A

Descrizione

Presso il Museo Nazionale d’Arte Orientale è conservata una importante collezione che comprende 235 opere fra miniature, disegni e fogli di manoscritti illustrati provenienti dal subcontinente indiano. La raccolta, per la grande varietà dei periodi di riferimento, dei settori di provenienza, delle scuole artistiche e dei temi iconografici rappresentati, rappresenta un ottimo compendio dell’arte pittorica indiana per un periodo che va dal XV-XVI secolo circa all’inizio del XX secolo.

La serie di miniature, quasi completamente di ambito hindu, è composta da opere di differenti scuole pittoriche: molti sono gli esemplari provenienti dal Rajasthan, dall’Himachal Pradesh, dal Kashmir, dall’Orissa e dall’India meridionale; un gruppo a parte è costituito da alcune interessanti miniature popolari di scuola Marvar, raffiguranti le divinità maggiormente venerate, in genere Siva, Durga, Rama, Krsna, Hanuman. Oltre a opere pittoriche che raffigurano miti e temi legati alla religiosità hindu, figurano una serie di soggetti erotici, la maggior parte dei quali risultano essere illustrazioni di un manoscritto del Kamasutra. Si segnala inoltre gruppo di disegni e schizzi, in genere utilizzati come preparazione dei dipinti, di cui alcuni di epoca o di derivazione moghul e la notevole raccolta di pagine illustrate di manoscritti jaina.

La collaborazione tra il Museo Nazionale d’Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’ e la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici e Etnoantropologici dell’Abruzzo ha permesso che presso il laboratorio di restauro della carta del Castello Piccolomini di Celano potesse essere eseguito l’intervento conservativo di centotrentaquattro dei disegni, miniature, acquerelli e guazzi appartenenti a questa collezione. Il lavoro è stato complesso, sia perché necessitava di tempi lunghi, sia per la particolarità del materiale trattato, un supporto cartaceo ottenuto per lo più da stracci, in alcuni casi da fibre vegetali come paglia di riso, bambù, canapa o iuta. Nel caso delle miniature ci si è trovati di fronte a una carta calandrata (lucidata in superficie con pietra d’agata), molto in uso nei paesi di origine islamica.

Le tecniche pittoriche con cui sono state realizzate queste opere vanno dal disegno ad inchiostro, ottenuto con il nero fumo, all’acquerello, al guazzo e alla tempera.

I pigmenti utilizzati sono per lo più vegetali e minerali, fatta eccezione per le opere più recenti che presentano tracce di colori industriali. Qualche problema si è incontrato con il verde, pigmento a base di rame, che in più parti ha corroso la carta sottostante.

Fondamentali sono i leganti che permettono al pigmento di aderire al supporto cartaceo o tessile, che vanno dal bianco d’uovo, all’allume, alla gomma arabica e ad altre resine di origine vegetale ed animale.

 Il dipinto dopo il restauro

Fasi di restauro

Tutte le opere sono state interessate da una pulitura a secco con pennello morbido verso e recto, in alcuni casi si è potuta usare una polvere di gomma morbidissima, inoltre si è proceduto con l’eliminazione di numerosi residui solidi tramite bisturi.

Nelle miniature, la lacca protettiva ha permesso di rimuovere gore o macchie utilizzando cotone imbibito leggermente con acqua demineralizzata. In alcuni casi si è dovuto procedere alla sfoderatura, perché i supporti di rifodero erano molto sporchi con gore e lacune pesanti e pregressi restauri ormai obsoleti.

Quest’ultimo è il caso del dipinto su carta con la raffigurazione di Krishna che solleva il Monte Govardhana (inv. n. 21819), dove interventi precedenti avevano creato spessori anche di millimetri, dovuti ad un eccessivo uso di colla, spesso ottenuta da resine vegetali, che avevano prodotto macchie non più removibili.

Per i risarcimenti e le nuove foderature è stata utilizzata carta giapponese di vari spessori e colla d’amido. Per bloccare le numerose cadute di colore, si è usato l’idrossipropilcellulosa soluta in alcool etilico al 2% con frammenti di velo giapponese.

                                                                                                                                                                                                                   Cristina Pace

Laura Giuliano