Verucchio (RN). Restauro di vasellame bronzeo proveniente dalla T. 12 della necropoli Lippi.
- Tipologia bene restaurato
- Metalli
- Regione
- Emilia-Romagna
- Provincia
- Rimini
- Comune
- Verucchio
- Istituto-Ufficio competente
- Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna
- Tipologia intervento
- Restauro
- Anno/i campagna/e di restauro
- 2008-2009
- Responsabile di cantiere
- Virna Scarnecchia, Micol Siboni
- Responsabile scientifico
- Patrizia von Eles
- Datazione bene restaurato: DA
- 899 a.C. - 200 a.C.
- Datazione bene restaurato: A
- 899 a.C. - 200 a.C.
Descrizione
Nel 2008, durante i lavori preparatori del cantiere per il futuro parco archeologico di Verucchio, sono state messe in luce numerose tombe della necropoli villanoviana situata ai piedi della Rocca Malatestiana. Nella Tomba 12 della necropoli Lippi sono stati rinvenuti un bacile e un calderone in bronzo, trovati uno dentro l’altro, schiacciati e deformati a causa della pressione esercitata dal peso della terra (fig. 1).
Fig. 1 Calderone e bacile al momento del ritrovamento
La mineralizzazione del metallo, generando una condizione di estrema fragilità della lamina, ha concorso alla particolare frammentazione degli oggetti e inoltre i piedi del bacile, spezzandosi, ne avevano provocato lo sfondamento (fig. 2).
Fig. 2 Particolare del fondo del bacile
Durante lo svuotamento dalla terra, sono state fatte delle fotografie sulle quali disporre i frammenti prelevati per non perderne la posizione e effettuare la ricerca degli attacchi tenendo conto dell’interpretazione dei dati di crollo, mentre le porzioni della zona dell’orlo e parete - parti maggiormente solide che, anche se frammentate e fessurate erano rimaste in posizione - sono state temporaneamente consolidate e fissate mediante l’applicazione di garze con resina acrilica e sono stati creati dei gusci contenitivi con le bende gessate, per permettere lo smontaggio tramite il distacco delle porzioni inglobate (fig. 3).
Fig. 3 Applicazione delle bende gessate
Le parti staccate erano costituite da numerosi frammenti che, anche se in apparente connessione tra loro, non risultavano essere nella corretta posizione per l’incollaggio e presentavano incrostazioni terrose e concrezioni di prodotti di corrosione del metallo sulla superficie di frattura.
Si è quindi proceduto a rimuovere la garzatura e ad effettuare una prima parziale pulitura, per permettere il corretto posizionamento ed incollaggio dei frammenti.
Dopo avere conferito maggiore solidità agli oggetti a seguito della ricostruzione, operata attraverso l’incollaggio e l’integrazione delle parti mancanti con resina epossidica bicomponente Araldite AW 121N, è stata effettuata una pulitura più approfondita e orientata alla messa in luce della superficie originale, per restituire la leggibilità dei particolari decorativi e dei segni di lavorazione, nascosti dalle incrostazioni terrose e dai prodotti di corrosione del metallo (fig. 4).
Fig. 4 Particolari nascosti dalle incrostazioni terrose e dai prodotti di corrosione del metallo
Si è operato principalmente con mezzi meccanici, lavorando con il bisturi sotto il microscopio binoculare, ammorbidendo le incrostazioni con una soluzione di acqua demineralizzata e alcool etilico al 50% e rifinendo con spazzoline di setola morbida montate su microtrapano.
La stabilizzazione del metallo è stata effettuata mediante applicazione di Benzotriazolo al 3% in alcool etilico per l’inibizione della corrosione e il consolidamento e la protezione superficiale, realizzate attraverso l’applicazione di resina acrilica Paraloid B44 disciolta in acetone dal 3 al 5%.
A restauro ultimato, considerata la fragilità e l’eccessivo sforzo meccanico esercitato dal peso degli oggetti su sé stessi, sono stati creati supporti in plexiglass, opportunamente sagomati per permettere di scaricare tale peso.
Gli oggetti sono ora esposti nel Museo Archeologico di Verucchio.
Micol Siboni