San Cesareo (RM). Scavi in località Colle Noci (c.d. Villa di Massenzio)
- Tipologia bene scavato
- Insediamento - Villa
- Regione / Stato estero
- Lazio
- Provincia
- Roma
- Comune
- San Cesareo
- Istituto-ufficio competente
- Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio
- Tipologia scavo
- Conduzione diretta in applicazione L.163/2006 e procedure analoghe
- Anno campagna di scavo
- 2010-2013
- Responsabile di cantiere
- Maria Cristina Recco
- Responsabile scientifico
- Marisa De Spagnolis (2010-2012); Alessandro Betori (2013)
- Datazione bene scavato: DA
- 199 a.C. - 476 d.C.
- Datazione bene scavato: A
- 199 a.C. - 476 d.C.
Descrizione campagne
Presso il centro moderno di San Cesareo, a circa 30 km a sud di Roma, lungo l'antico tracciato della via Labicana, in località “Colle Noci”, a partire dal 2010 una serie di campagne di scavo archeologico preliminari alla costruzione di un piano integrato, ha portato in luce i resti di una grande villa associati ad un esteso settore termale e ad un’area di necropoli (Fig. 1).
Il complesso archeologico, già segnalato in un manoscritto del XVII secolo (Carone 1637) e successivamente oggetto di scavi ottocenteschi promossi dai principi Rospigliosi, è stato indagato per un’estensione di circa 2,5 ha.
Dei settori residenziali della villa si sono rinvenuti una decina di ambienti disposti simmetricamente intorno ad uno spazio aperto porticato su almeno tre lati (Recco 2011). Le strutture sono realizzate in opera reticolata di selce con ricorsi di cubilia in tufo ed erano dotate di una ricca decorazione parietale; le pavimentazioni rinvenute constano di mosaici a motivi geometrici b/n e policromi (Fig. 2).
Spicca, anche per l’uso di tessere in pasta vitrea e la presenza di sovradipinture, un ampio tappeto con motivi vegetali e cornice a meandro (Fig. 3), mentre alcuni ambienti erano invece pavimentati in opus sectile.
Sul lato nord del portico si dové inserire nel corso della prima età imperiale una piccola struttura termale, ben conservata a livello planimetrico, alimentata da un acquedotto sotterraneo che confluiva all'interno di una grande cisterna ipogea a doppia navata collocata immediatamente a N/E dell'impianto residenziale. Anche la terma era abbellita da pavimenti in mosaico policromo e in cementizio a base fittile arricchito da crustae lapidee.
La continuazione degli scavi ha portato alla scoperta di un grande quartiere termale alimentato da una cisterna monumentale di ben 500 mq (Fig. 4), riferibile ad un’importante fase di ampliamento tardo imperiale del complesso, costruito in aderenza alla villa ma distinto da essa, e caratterizzata da murature in opera vittata e listata conservate in ampi settori per oltre due metri in elevato (Recco 2012; De’Spagnolis 2012a).
Le terme, arricchite da rivestimenti marmorei pavimentali e parietali, purtroppo completamente spogliati, si trovano disposti come d’ordinario su un asse nord/sud, su cui si succedono apodyterium, tepidarium e calidarium, delimitati a est dal frigidarium e ad ovest dalla palestra (Fig. 4).
La grande cisterna (Fig. 5), che alimentava le terme tramite fistulae plumbee bollate, è caratterizzata dalla scansione a nicchie semicircolari delle pareti esterne che richiama un modello architettonico-scenografico diffuso nelle grandi ville, imperiali o comunque di altissimo livello, dalla media età imperiale (ad es. la villa di Adriano a Palestrina, il Palatium Sessorianum a Roma, la villa delle Vignacce, e la villa dei Sette Bassi sulla via Latina).
Ulteriori scavi, tuttora in corso (autunno 2013), nel versante est di “Colle Noci”, hanno portato in evidenza per c.a. 100 m un tratto perfettamente conservato della via Labicana (Fig. 6) su cui si sviluppa un'ampia area funeraria, della quale sono state individuate sinora più di cento sepolture.
Le tombe ad inumazione, di livello assai modesto seppure non vi manchi qualche elemento di corredo e in alcun caso addirittura degli oggetti d’ornamento in metallo prezioso, si raggruppano in gruppi presumibilmente distinti per nuclei familiari e sono del tipo a cassone, a cappuccina e enchytrismos. connesse verisimilmente con le fasi medio-tardo imperiali della villa, distante poche centinaia di metri.
Il complesso è stato messo in relazione (De’Spagnolis 2012b) con la villa imperiale esistente nel territorio di Labici, ove Massenzio avrebbe ricevuto notizia della elevazione alla dignità imperiale nel settembre del 306 d.C. (Epitome de Caesaribus, 40, 2: “Maxentius imperator in villa sex milibus ab urbe discreta, itinere Lavicano”, ove sarebbe da correggere il dato sulle miglia), originata a quanto pare da un Labicanum di proprietà di Giulio Cesare, che vi avrebbe dettato, secondo Svetonio (Caes., 83, 1), il proprio testamento alle idi di settembre del 45 a.C. Il rinvenimento all’inizio del XVIII secolo di due dediche a Massenzio e alla moglie Valeria Massimilla da parte del loro figlio Romolo nei terreni fra la Villetta Rospigliosi e il fortilizio medievale detto Torre di Mezza Selva o delle Marmore (cioè dei marmi) (CIL XIV 2825-6), rende probabile che la residenza imperiale si trovasse piuttosto in quell’area che in quella dei nuovi rinvenimenti, che andranno eventualmente riferiti alla località di ad Statuas, posta al XVIII miglio della via Labicana dalla Tabula Peutingeriana, come mostra il confronto calzante con le terme della mansio di Baccano sulla via Cassia (Gazzetti 1991), sebbene nulla escluda che la villa di origine alto-imperiale individuata nel 2010 verso via della Resistenza fosse integrata nella vicina residenza, che doveva essere strutturata, sul modello delle ville della media età imperiale, come organismo policentrico dotato di più padiglioni. L'espansione del complesso per mezzo dell'inserimento di un grande settore termale ad evidente carattere pubblico, unitamente alla sua adiacenza alla via Labicana, sembrerebbe in ogni caso avvalorare l’identificazione del sito con la possibile stazione del cursus publicus di ad Statuas, la quale deriverebbe la denominazione dagli ornamenti della vicina villa imperiale.
La pertinenza del rudere di probabile ninfeo che si eleva nella bassura a sud del colle della Villetta alle terme di età tardo antica, datazione che pare da assegnare all’importante edificio, prossimo alle architetture mistilinee caratterizzanti le residenze periurbane dei Gordiani e del Sessorium, sembra d’altronde indirizzare le ricerche su quell’area, ove peraltro si rivenne un complesso di tale funzione, invero di livello piuttosto modesto, in occasione della costruzione della bretella Fiano-San Cesare (Ferracci 1999, pp. 298 e s.). Della presenza in zona di una villa e di fundi di proprietà imperiale, a prescindere dalla giustezza dell’opinione di chi vi derivi l’origine del patrimonium Labicanum di proprietà della Chiesa di Roma, fanno fede d’altronde, più ancora che i materiali raccolti dai Rospigliosi ad ornamento del borgo e del Palazzo di Zagarolo, tra cui una monumentale vasca da terma in granito, le numerose iscrizioni di servi e liberti imperiali rinvenute in zona (CIL XIV, 2832-3-4-5), ovvero nei dintorni in direzione della via Praenestina (CIL XIV, 2840).
Alessandro Betori – Maria Cristina Recco
Bibliografia / Cartografia
- Carone A., Descrittione del territorio di Zagarolo, Colonna, Gallicano e Passarano, 1637 (ms. inedito nella Biblioteca Casanatense di Roma, n. 5268).
- De'Spagnolis M. 2012a: “Lastra con scene di venationes” dalla villa imperiale di San Cesareo (Roma)”, Lazio e Sabina 8, 333-340.
- De'Spagnolis M. 2012b, La scoperta della Villa Imperiale di Cesare e Massenzio a San Cesareo. Rapporto preliminare, Palestrina.
- Ferracci E. 1999, “L’ager Labicanus”, in Z. Mari, M.T. Petrara, M. Sperandio (a cura di), Il Lazio tra Antichità e Medioevo. Studi in memoria di Jean Coste, Roma, pp. 293-303.
- Gazzetti G., “Il complesso termale della mansio di ad Vacanas”, in Les Thermes Romains, Actes de la Table Ronde organisée par l’Ecole Française de Rome, Rome 11-12 nov. 1988, Rome, pp. 175-183.
- Recco M. C. 2011: “Una villa con mosaici da San Cesareo (Roma)”, Lazio e Sabina 7, 403-409.
- Recco M.C. 2012: “Scavi nella villa imperiale di San Cesareo (Roma)”, Lazio e Sabina 8, 341-348.